Diceva un famoso antropologo francese, che si perdono più facilmente i codici linguistici che quelli alimentari e portava il caso degli italiani emigrati in America, infatti spesso la loro lingua originaria viene dimenticata nel tempo, però continuano a mangiare all'italiana conservando gelosamente il gusto indiscutibile degli spaghetti.
Da qui si delinea l'importanza del codice alimentare dal punto di vista culturale.
La nostra cucina è un "monumento" esiste, ha lasciato delle tracce che sono ancora visibili, ma ha bisogno di un cicerone per non farla perdere. Il cicerone nel nostro caso rappresenta colui che è profondo conoscitore delle origini dei piatti.
La nostra cucina, malgrado la fama dei siciliani non goda lo stesso successo, ha un successo incredibile, non sappiamo ancora perché, è lo stallone d'Italia, ma ad una motivazione possiamo velocemente arrivare;
- Perché è una cucina che vanta 3000 anni di storia,
- Possiede circa 4000 piatti;
- Non c’è un'unica cucina;(rustica, barocca, popolare, da strada)
- Continua a godere degli influssi alimentari dei nostri dominatori e colonizzatori.
Di quella tenera Grecia ci rimangono intatti sapori delle olive bianche e nere, in certe focacce, nella ricotta salata, nell'Omerico agnello alla brace nel miele dei fiori e, naturalmente nei pesci, ma soprattutto nel vino, il grande dono dei primi greci-sicilioti.
L’agnello in Sicilia è presente sia nella cucina popolare che in quella baronale e numerosissime sono le sue preparazioni: al forno, ripieno, alla brace, in tegame, in agrodolce,al sugo, ’abbuttunatu, con le fave verdi o con i piselli, ’aggrassatu’, con le patate ed in tanti altri modi. Agnello deriva dal latino agnus, cioè casto e innocente: per questo fu sacrificato a Dio. In Sicilia si mangia durante la Pasqua per rinnovare la tradizione. E’ una ricetta che trova origine all’interno dell’isola ma oggi è diffusa ovunque.
Ingredienti (per quattro persone) Preparazione:
Fate friggere in un tegame con olio le cipolline tritate ed appena saranno dorate, aggiungete i piselli e fateli rosolare per cinque minuti a fuoco basso, fino a quando non saranno pronti. In un tegame a parte fate rosolare, in poco olio, una cipolla tritata con la pancetta ed il fegato, tagliati a pezzettini. Aggiungete un altro poco d’acqua, sale, pepe e cucinate per altri 15 minuti, facendo restringere il sugo. Fate raffreddare ed unite il pangrattato, il caciocavallo grattugiato, il prezzemolo tritato, i piselli e le uova sbattute. Amalgamare bene il tutto, per ottenere un composto omogeneo. Disossate la coscia all’agnello, farcitela col composto preparato e legate la carne con uno spago.
In un tegame fate imbiondire una cipolla, mettete la coscia di agnello e fatela rosolare con un poco d’olio. Quando si sarà dorata, salate, pepate e copritela con un coperchio. Fate cuocere per 45 minuti, avendo cura di aggiungere acqua di tanto in tanto. Servite il cosciotto caldo accompagnato al sugo di cottura.
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* Tecnico delle attività alberghiere e docente di cucina storica siciliana nei corsi post-qualifica c/o IPSSAR P.Borsellino, IPSSAR F.P.Cascino e Cnos/Fap