CATANIA – E’ la terza festa religiosa al mondo per partecipazione popolare, ma in Italia la si conosce meno che all’estero. Dal 15 gennaio al 12 febbraio, Catania celebra la sua Patrona, Sant’Agata e accoglie quasi un milione di nuovi, temporanei, residenti. Dall’Italia e dal resto del mondo, infatti, arrivano turisti, fedeli e oriundi catanesi con parenti e amici al seguito. Molti anche gli extracomunitari dell’India: Sant’Agata, già popolare in tutto l’oriente, è adorata come “Saint’Agasthya” nella città di Vijayawada, regione di Hyderabad. Dal 3 al 6 febbraio il culmine del programma e 100/150 mila persone lungo il tracciato dei cortei. Tutto si ripete da secoli fra esplosioni di fede, curiosità, coinvolgimento mistico, nella cornice di un Barocco Siciliano dominato dal nero della pietra lavica. L’evento è secondo solo alla cerimonia per Santa Rosa a Lima, in Perù, alla Settimana Santa di Siviglia (Spagna) ed è a pari merito con il Corpus Domini di Cuzco (Perù). I grandi pasticceri della metropoli siciliana preparano le “Olivette” di semolato di zucchero, mandorle e pistacchio e le “Minne della Santa” che riproducono i seni di S. Agata, collegamento ideale al III secolo d. C. e al martirio inflitto alla donna dalle autorità dell’Impero Romano (taglio delle mammelle). Ricco il programma, curato dal Grande Ufficiale Luigi Maina, presidente del Comitato dei festeggiamenti. Nei cortei le undici “Candelore”, imponenti rappresentazioni in legno dorato di ceri votivi: pesano dai 500 ai 700 chili, vengono portate a spalla da 8 o 12 uomini e sono intitolate ai mestieri tradizionali. Al centro il “Fercolo” in argento con i resti della Santa posto su un carro (“Vara”) anche questo in argento. Legati al veicolo due cordoni di oltre 100 metri a cui si aggrappano centinaia di “Devoti” (con il “Sacco agatino” - tunica bianca stretta da un cordone -, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi) che fino al 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. “Cittadini, evviva Sant’Aita! Talia, ave du’ occhi ca parunu du’ stiddi! Siti divoti a Sant’Aita?”, urla un Devoto. “Cetto, cetto” rispondono in centinaia. Mentre la Vara passa tra la folla, tutto questo si ripete per giorni con alcune variazioni. Altra atmosfera invece ai ricevimenti dell’aristocrazia. Da citare il grande convivio del Barone Mario Ursino: nel suo palazzo di via Etnea, un trionfo di oltre trenta portate, servite in saloni con vista sulla processione.