Il Satiro danzante è una statua bronzea realizzata in Grecia nel IV secolo avanti Cristo e rimasta in fondo al Canale di Sicilia fino a quando nel 1998 non s’è impigliata nella rete di un motopeschereccio di Mazara del Vallo.

I satiri erano creature immaginarie appartenenti al mito di Bacco, dio del vino, e partecipavano alle orge dionisiache con danze sfrenate e abbondanti libagioni. Nei tempi più antichi venivano rappresentati dagli artisti come esseri dalla natura doppia, nel senso che la parte superiore del corpo aveva fattezze umane e quella inferiore ferine; per l’esattezza erano per metà uomini e per metà caproni. (La mitologia greca è piena di figure doppie: le sirene, il Minotauro, le arpie, i centauri.). In seguito nella raffigurazione dei satiri prevalse sempre di più l’aspetto umano, infatti il nostro satiro, che presumibilmente appartiene all’età alessandrina, ha diverse solo le orecchie, che sono appuntite. Si presenta come un giovane di bellissimo aspetto, il volto e la chioma sono meravigliosi, l’espressione è trasognata, appare rapito dall’estasi della danza e indubbiamente agisce nell’ebbrezza del vino, che ha bevuto abbondantemente.

Questa statua quando è emersa dal fondo marino dopo circa due millenni e mezzo, era tutta ricoperta da incrostazioni, ma un delicato e laborioso intervento dell’Istituto per il restauro di Roma l’ha riportata all’originaria bellezza.

La statua è alta circa due metri e ha solo una gamba, che lo stesso motopeschereccio aveva pescato l’anno precedente, ma si capisce che sta danzando dalla torsione del corpo, dalla posizione dell’unica gamba e dalla inclinazione della testa. Se l’opera fosse completa indubbiamente si vedrebbero nella mano destra il tirso, il bastone dei seguaci di Bacco, mentre a sinistra sul braccio reggerebbe una pelle di pantera e nella mano una coppa di vino; così venivano, infatti, rappresentati nell’antichità i satiri danzanti.

Oggi la preziosa statua fa bella mostra di sé, insieme ad altri reperti di archeologia marina, a Mazara del Vallo nella quattrocentesca chiesa di Sant’Egidio appositamente trasformata in museo.

Quest’opera è di grande valore anche per la sua rarità; infatti, a differenza delle statue in marmo, numerose, quelle in bronzo giunte noi dall’antichità sono pochissime poiché nel passato spesso venivano fuse e trasformate in altri manufatti.

La straordinaria bellezza e l’armonioso dinamismo di questa figura maschile fanno pensare all’opera di un grande artista dell’antichità, molto probabilmente Prassitele, il più grande scultore greco, vissuto nel IV secolo a. C. Alcuni ritengono che la statua fosse destinata a diventare una polena, cioè una di quelle sculture che si mettevano sulla chiglia della nave per rompere il vento. Si pensa anche che il Satiro abbia fatto parte di una processione dionisiaca destinata ad adornare un tempio o una villa e che, quindi, in fondo al mare ci possano essere ancora i suoi compagni.