Giovedì 28 agosto 2008.

Questa sera i ricordi vengono in mente più che gli altri giorni, immagini ormai scolpite per sempre in me.

« Dice sempre che se ne deve ritornare in Francia, ma poi non se ne va. » osservava il mio caro amico d’infanzia rivolto a tutta la comitiva di amici riunita, un caldo pomeriggio di agosto, mentre ballavamo sulle note di « Una carezza in un pugno ». Erano tutti venuti per salutarmi…

Questa volta G. F. si sbagliava. Mio padre, ritornato dall’Inghilterra mesi prima perché aveva trovato lavoro in Sicilia, dopo quel famoso terremoto della notte fra il 13 e il 14 gennaio 1968 decise definitivamente che saremmo partiti tutti per raggiungere mio fratello Piero a Lagny, già partito un anno prima.

Le mie sorelle Maria e Wanda lo avevano raggiunto a metà agosto. Mia madre e mio padre ora imballavano gli ultimi oggetti di casa per mandarli per mezzo della ferrovia in Francia.

La casa… Quanto mi costava lasciare per sempre quella casa. Era molto vecchia, con i tetti a volta. Da quella casa si vedevano il mare da un lato e dall’altro la campagna, gli aranceti, la ferrovia, lontana, dove ogni tanto passava il treno Palermo-Trapani, e in fondo il monte Palmeto, maestoso, dominante il paese di Terrasini.

Avevamo quattro terrazze: da quella più alta si potevano ammirare il mare e la campagna contemporaneamente. Che meraviglia, no ?

Venne il giorno della partenza. Mia madre finiva di pulire la casa, mio padre controllava il motore della « Dauphine », il mio fratellino Andrea lo aiutava ed io per l’ultima volta me ne andai a fare un giretto alla « chiusa » (il mio posto magico), bellissimo posto lungo il mare, dove si potevano ammirare i riflessi rossi degli scogli scolpiti dalle onde. Era il mio posto preferito, ci andavo spesso il pomeriggio dopo aver fatto i compiti; rimanevo ore intere ad ammirare quel paesaggio dove l’ azzurro dominava sul rosso dei riflessi danzanti.

Seduta sul muretto guardavo il mare in modo molto intenso, come per stamparlo per sempre nella mia mente e potere portarmelo via. Ritornando a casa vidi che la macchina era pronta; mio padre mi disse di salirvi, ma io non potevo farlo se prima non avevo guardato ancora una volta la casa.

Andai sopra mentre mia madre chiudeva le finestre, feci il giro della casa fermandomi ad ogni stanza, ad ogni angolo : «u scalune » nell’entrata, dove mio padre, lungo il muro, aveva messo una corda entro chiodi ad occhiello per potere aprire la porta senza scendere quando qualcuno busssava, bastava solo tirare la corda; il tetto con le terrazze dove, con mio fratello, avevamo tanto giocato, cantato, ballato, ascoltato musica, fatto volare gli aquiloni, rubato i fichi d’india del vicino posti nella terrazza (bastava saltare il muretto che separava le 2 terrazze !).

Quante immagini lasciavo, ricordi, momenti di immensa felicità passati, che non ritorneranno mai più.

Guardavo, ancora, la cucina, con «la pila», dove mia madre « traffichiava », anche nei momenti più caldi, il viso rosso e lucido di sudore. Cucinava per gli ospiti di Palermo in ferie durante l’estate, ossia per la FAMIGLIA. Noi ragazzi, invece, eravamo contenti perché ci potevamo divertire con i cugini. Ora capisco la fatica della mamma….

Non riuscivo ad andarmene, scendere per l’ultima volta “u scalune”, mentre mio padre aspettava nella macchina…

Avrei voluto baciare e abbracciare tutti i muri di quella casa, ma forse i miei familiari si sarebbero burlati di me…Avevo 15 anni…non sapevo darmi pace… Piangevo.

Ricordo la mia migliore amica, Rosanna B., la quale mi diceva : «Non farmi piangere e scolare il rimmel… » Poi tutti, in lacrime, abbiamo attraversato in macchina, per l’ultima volta, la Via Palermo di Terrasini, guardando a destra e a sinistra e cercando di memorizzare le immagini che sfilavano davanti a noi. Stavamo andando a Palermo da mia nonna. Mio padre prima della partenza doveva ancora far controllare il motore della Dauphine.

Dopo una settimana venne il giorno della partenza. Momenti difficili, lasciare la famiglia, la nonna, gli zii, i cugini, Io, però, avevo già salutato, detto « addio », chiuso un capitolo della mia vita, lasciando il mio caro paesino Terrasini. Sapevo che nel futuro sarei ritornata a Palermo a rivedere la famiglia, ma sapevo pure che non avrei ritrovato mai più quello che lasciavo nel mio paesino quel giorno di agosto del 1968.