A Caltanissetta sorgono preziose testimonianze di una Sicilia dove il Medioevo ha lasciato dei segni indelebili e suggestivi
La Sicilia è un’isola dai mille volti, dove le testimonianze ancora presenti di antiche dominazioni, si fondono perfettamente con paesaggi sempre diversi e mai monotoni. Immersa nei suoi colori che vanno dal verde del carrubo, al bianco delle saline, al rosso purpureo della lava, è resa ancora più misteriosa dagli antichi castelli medievali che spiccano superbi, soprattutto nella provincia di Caltanissetta.
Fra tratti di terra arsa e fertile, alternata da colline e pianure, mentre a perdita d’occhio si notano distese di viti e olivi e graziose case dall’aspetto rustico, si arriva, quindi, alla cosiddetta Sicilia del feudo che corrisponde, più o meno, alle province interne di Enna, Agrigento e Caltanissetta. Proprio in questa zona, infatti, dalle vette delle rocce spuntano vecchi manieri ancora discretamente conservati, che comunicano tanta fierezza da lasciare udire al visitatore più curioso, gli echi di eroiche battaglie che in questi campi assolati furono consumate. Del resto in tali luoghi, l’epoca feudale si spinse ben oltre le soglie dell’Evo moderno e lo si può comprendere osservando le torri cotte dal sole o i brandelli di muro, dove i signori siciliani dell’epoca potevano comunicare al mondo la propria potenza e ricchezza.
L’unico “gioiello” intatto di questi secoli ancora oggi definiti “bui”, è rappresentato dal castello di Mussomeli, pittoresco fino all’inverosimile e davvero molto vicino al centro abitato. Si erge in cima ad una rupe scoscesa di quasi 800 metri di altezza e comunica il carattere fiero del suo costruttore, Manfredi III di Chiaramonte, discendente da una delle famiglie nobili più in vista dell’800, in grado di creare un vero e proprio stile architettonico, ancora oggi denominato “gotico – chiaramontano”. Arrivato nell’isola con i Normanni, nell’XI secolo, l’intero Casato aveva accumulato una enorme ricchezza con la fine della dinastia francese e il passaggio della corona agli Hohenstaufen.
La fortezza fu edificata a metà del ‘300 su un luogo abbastanza impervio e, negli anni scorsi, è stata restaurata e oggi è aperta al pubblico che può ammirare la Sala Grande, detta “dei Baroni”, dove gli storici ritengono si incontrassero i baroni siciliani che avevano scelto di andare contro le decisioni della famiglia reale spagnola. Accanto è possibile visitare la cappella, le segrete, la scuderia e i suggestivi ambienti privati. Tuttavia il castello non restò per molto tempo in mano ai Chiaramonte e soltanto nel 1549 fu ceduto a don Cesare Lanza. Il suo aspetto resta ancora fedele al periodo in cui venne costruito, anche perché negli ultimi secoli, dopo essere diventato un carcere, venne definitivamente abbandonato.
Altra preziosa testimonianza del passato, è il castello di Falconara, costruito più o meno nello stesso periodo dalla famiglia di Ugone di Santampau; nel ‘500 passò ai Branciforti, poi ad un conte tedesco e, infine, alla famiglia Bordonaro, che lo abita tuttora. Ai suoi piedi si estende una spiaggia di sabbia bianchissima, dalla quale si possono intravedere le stanze arredate con mobili antichi, ceramiche, armature e trofei di caccia. La parte più antica della costruzione è la torre, che prende il nome dall’allevamento di falchi per la caccia. Vi si trovava, infatti, una guarnigione ben armata, visto che la Falconara era la più imponente delle torri di avvistamento della costa meridionale siciliana.
Proprio per controllare l’orizzonte e l’eventuale arrivo di stranieri, sorse anche il castello di Butera, in cima ad uno sperone roccioso che, ben presto, divenne un premio ambito per tutti coloro che si volevano impossessare della Sicilia, dagli Arabi, ai Normanni, fino ai Saraceni. Oggi rimangono soltanto una torre quadrangolare e pochi tratti di mura merlate.
A meno di venti chilometri di distanza, si trova l’antico castello di Mazzarino, di stile federicinano, ridotto oggi ad una semplice torre con avanzi delle mura perimetrali e costruito, probabilmente, dai Normanni su una preesistente fortificazione araba. A pianta quadrangolare, possedeva originariamente quattro torri circolari, delle quali solo una è giunta fino a noi. Gli storici ne hanno, con difficoltà, ricostruito l’architettura che si pensa comprendesse svariati saloni e una parte monumentale. Scendendo verso il sentiero, comunque, si notano degli ambienti particolari, presumibilmente adibiti all’alloggio dei soldati addetti alla guardia. Proseguendo si giunge, infine, ai ruderi del Castellazzo di Grassuliato, al centro di una leggenda. Si dice, infatti, che fu distrutto dal signore di Mazzarino al termine di una disputa tra due castellani, seriamente intenzionati a fondare un paese nei pressi del maniero. In pratica, dopo un duro combattimento, il vincitore avrebbe potuto acquisire il diritto di edificare. A vincere fu il signore di Mazzarino che, in uno scatto d’ira, rase quasi al suolo il castello. Secondo gli esperti, tuttavia, sarebbero state le intemperie e l’incuria dell’uomo a ridurre il fortilizio allo stato attuale. In ogni caso, tutta la zona resta avvolta da un fascino innaturale, a partire dal nome di Grassuliato che deriverebbe dal latino “Arx Saliatum”, perché in epoche leggendarie qui potrebbero aver vissuto i sacerdoti di Marte, detti “saliati”, a causa del particolare saltellare ritmico che eseguivano in onore del dio.
Per via dei suoi castelli, ma anche per l’aria quasi fuori dal tempo che si continua a respirare, la provincia di Caltanissetta, con i suoi mitici castelli, è diventata una importante meta di turismo che richiama in Sicilia, annualmente, moltissimi visitatori.