I

Voglio cantare la mia terra e questo popolo,
Che tanto ha pianto,
Che tanto ha dato e poco ha avuto.
Voglio cantare la sua storia,
Vecchia di migliaia di anni,
La sua poesia, la sua arte,
La sua bellezza senza eguale al mondo,
La sua natura rigogliosa ed avara,
Bella e varia, dolce e cattiva,
La sua brezza fresca ed accattivante,
Il suo mare con il color del cielo,
Il suo vento di scirocco, caldo come il fuoco,
Ed invisibile,
Come invisibile può essere una salamandra
Dormiente sulla roccia del nostro dio vulcano,
Impietoso ma caritatevole,
Spaventoso e dolce,
Dolce come il sorriso di un vecchio,
Che nella calura di agosto,
Ti aspetta immobile con la sua inseparabile coppola,
Seduto su di una sedia sgangherata
Sull'uscio di quel bar sperduto,
Come sperduto é il mio essere,
In questo continuo girovagare attorno alla speranza di ritrovarmi
Di cullarmi, di amare e di essere amata, di dare e di avere.
Canto te, popolo mio,
Bistrattato, odiato, amato, cercato e poi scordato,
Emigrante nel corpo e nell'anima,
Alla ricerca dell'unicità dell'essere siciliano.
Non greco né romano,
Non arabo né spagnolo ,
Non italiano,
Ma solo ed unicamente siciliano.

II

Terra mia, terra mia,
Mille torture ti hanno inflitto
Mille cavalli ti hanno calpestata,
Mille bombe ti hanno colpita,
Senza ragione ti hanno denigrata
E tanti uomini ti hanno spogliata,
Dopo averti toccata, abbracciata,
Guardata, molestata.
Sei la mia Sicilia, donna perfetta,
che turba, accende, ama, incendia,
Che uccide con i suoi abbracci,
Che penetra nel tuo corpo fino alle viscere
Con la sua lingua rovente e rubiconda,
Ma può saziarti e ubriacarti e poi
Cullarti in un sonno abissale,
All'ombra del suo dio,
Tra le carezze del suo mare
Ed i baci caldi del suo sole.