In alcune province della Sicilia le abitazioni ricalcano il modello arabo per cui la casa dispone, all’interno, di uno spazio verde ricco di piante odorose come il rosmarino, il basilico, il prezzemolo, la maggiorana utili per la preparazione dei cibi. La presenza di alcuni alberi da frutto è frequente e troviamo spesso il limone, il nespolo e l’albero dell’amarena, forse più raro ai tempi d’oggi, ma molto apprezzato dalla padrona di casa per le ragioni che diremo.
Il nostro albero proviene forse dall’Asia minore, fu conosciuto dai Romani in epoca imperiale appartiene alla famiglia delle Rosacee (Prunus cerasus) Il frutto consiste in drupe di color rosso chiaro o scuro che vengono chiamate visciole, marene o marasche, usate per la preparazione di conserve e di sciroppi, che le nostre casalinghe preparavano con tanta cura nel periodo iniziale della stagione estiva.
Le amarene, ricche di vitamina A, hanno parecchie virtù: agiscono come depurativo del sangue, come antireumatico e sedativo, curano i reni e il fegato.
Dall’album dei ricordi balza fuori la figura di un sacerdote, don Pietro Alongi, fondatore della Biblioteca San Giovanni di Menfi, vissuto negli anni ‘60 e noto per la sua passione per i libri e per le piante. La mia famiglia in quegli anni viveva in quella piccola città e mia sorella ed io frequentavamo la biblioteca per consultare testi utili per la preparazione della tesi richiesta dall’esame di laurea. In quegli anni Don Pietro, detto amabilmente don Pitrinu, fece dono a mio padre di un liquore raro, da lui preparato con le foglie di amarena e ne ricordo il colore scuro e il profumo particolare simile ad un liquore d’erbe con un sapore dolce e aspro insieme. Un digestivo preparato a casa con la infusione delle foglie nell’alcool, sicuramente, ma la ricetta non venne mai rivelata a qualcuno di noi. Anche i piccioli delle amarene, diceva don Pietro, servono per la ritenzione idrica e, nel suo conversare, le piante erano presenti come i libri di ogni genere custoditi amabilmente nella “sua” biblioteca.
Il nostro albero è ancora presente in alcuni frutteti e s’illumina di gioia e di colore al tempo della fioritura e al tempo della maturazione del frutto, le amarene, simili a piccole ciliegie ma diverse per il sapore.
Le amarene, drupe rosse o rosate, erano molto gradite per mia madre che si apprestava alla conservazione dei frutti snocciolati e lasciati in una vaso di vetro interamente coperti di zucchero e poi esposti al sole per otto-dieci giorni. In piena estate, le amarene sciroppate e cotte “al sole”, venivano utilizzate per preparare una bevanda gradevole o per arricchire la granita di limone, tipica della nostra Sicilia. Sapori che ancora oggi sono presenti in molte località della nostra isola, custode di antiche tradizioni, che forse andrebbero riscoperte e riproposte.