In Europa l’alloro è l’unico rappresentante della famiglia delle Lauracee, è diffuso in tutta l’area mediterranea ed è considerato una pianta ornamentale per siepi e giardini. Originario dell’Asia Minore, veniva coltivato dai Greci e dai Romani che ne utilizzavano le fronde per intrecciare ghirlande e incoronare poeti ed eroi. Non a caso il filosofo Empedocle definiva l’alloro “la suprema delle piante” e i Romani lo chiamavano “laurus nobilis”.
Il nostro albero vanta esotici cugini come la cannella, la canfora e l’avocado con i quali condivide le proprietà aromatiche,fiorisce in primavera e produce piccoli frutti di colore nero, con i quali viene preparato il liquore noto come “Laurino”.
Callimaco, il maggiore fra i poeti alessandrini, tra le opere minori ci ha lasciato 13 componimenti antesignani della satira latina, caratterizzati da una grande varietà di metro e di contenuto e radunati con il titolo di Giambi. Il quarto narra di un forte contrasto fra due alberi, l’alloro e l’ulivo che si sfidano su chi dei due sia il migliore e ed esaltano le proprie qualità elencando gli usi che ne fanno gli uomini. Una coppia di usignoli, presenti alla disputa, fa da arbitro osservando tra i rami la singolare situazione. Le divinità chiamate in causa, Atena per l’ulivo e Apollo per l’alloro discutono e osservano che se l’ulivo fornisce cibo all’uomo, l’alloro serve per rendere gloria ai poeti e agli eroi. Alla fine la disputa viene vinta dall’ulivo, anche se un vecchio rovo interviene per fare il moralista. Forse, a detta degli studiosi, la discussione fra i due alberi nasconde una tenzone letteraria della quale ignoriamo i particolari perché non pervenuti fino a noi.
Di certo sappiamo che Callimaco (300-240 a.C.) raggiunse fama e gloria anche se fu molto invidiato dai poeti a lui contemporanei.
L’albero di alloro mi riporta agli occhi e alla mente la splendida scultura del Canova raffigurante Apollo e Dafne e il mito a tutti i miei lettori ben noto. Le foglie del nostro albero si ritrovano su stemmi e medaglie, per non dire dei poeti che ne fanno menzione, dal sommo poeta Dante Alighieri al Foscolo, al Leopardi, per citarne solo alcuni.
Torniamo al nostro albero, presente in molte zone della nostra Italia, dove forma siepi, boschetti dal denso fogliame che permane anche se gli altri alberi sono spogli. Le foglie di alloro possiedono tante virtù: se utilizzate per infuso sono toniche, digestive, antisettiche e costituiscono un valido aiuto nel caso di bronchiti e di influenza. Le bacche e le foglie sono utilizzate per la preparazione di oli essenziali per l’industria farmaceutica e cosmetica, per non dire dell’uso della foglia di alloro per aromatizzare pietanze a base di carne e legumi.
Nella mia infanzia, se i bambini accusavano dolori addominali dovuti a cattiva digestione, le persone adulte preparavano un infuso con la fogliolina di lauro che dava sollievo e gioia a noi piccoli perché la bevanda veniva abbondantemente zuccherata, quando invece le tisane e le preparazioni casalinghe a base di erbe vanno dolcificate solo con il miele, norma che le nostre mamme ignoravano. L’albero di alloro, a torto accusato di alterigia e di superbia, possiede tante virtù quasi a sottolineare che la nostra madre terra, come diceva San Francesco, “ci sostenta e governa” in ogni modo e in ogni situazione solo se noi utilizziamo le cose più semplici, come le foglie del nostro albero amico.
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Da Il giardino dei ricordi, Mazzotta, 2005