A pochi passi dalla spiaggia sorgono diverse villette, alcune dotate di uno spazio verde intorno, altre con pochi alberi che lo scirocco piega e distrugge senza pietà. Nelle zone molto vicine al mare gli alberi durano poco e di solito vengono scelte per creare una zona d’ombra piante di acacia, pini, eucalipti e palme: queste ultime resistono di più e si alzano molto nell’arco di un decennio. La più fragile è l’acacia dalle lunghe foglie sottili e dai fiori gialli a grappolo, pieni di luce e di armonia quando il tepore della primavera isolana schiude mille fiori e diffonde nell’aria profumi intensi e diversi. I fiori consistono in numerosi capolini di colore giallo intenso,un giallo solare che spezza il verde del fogliame e si fa notare anche da chi osserva a distanza.
Un forte vento di scirocco flagellava tutta la costa e spargeva sulle case e sugli alberi una sabbia fine, rossiccia, proveniente dal deserto africano ; un vento così dura tre giorni ,si dice ,e allora uomini e cose sembrano storditi e dal caldo e dall’ululato misto a sibili che imperversano di più nelle ore notturne. Quel ventaccio si era scatenato in pieno Aprile e aveva preso di mira una pianta di acacia già cresciuta spontaneamente sul versante destro della nostra casa sul mare, vicina alla rete di recinzione e ramificata in modo armonioso tanto da proteggere la finestra in legno della zona cucina. La padrona di casa apriva al mattino quella finestra e si sentiva felice di contemplare i fiori gialli e le tante sottili foglie dell’albero-amico come scriveva una francese, Minou Drouet, forse poco nota ma di sicuro amante della natura e degli alberi. Un giorno di Aprile il vento spirò a velocità sfrenata e soffiando in direzione dell’albero di acacia lo spezzò in due staccando i rami più teneri dal tronco che li sosteneva e lasciando cadere sul terreno grappoli di fiori dai capolini gialli ancora in boccio. La tristezza avvolse tutta la giornata e la sera arrivò sul mare e sulle case , pietosa, quasi volesse nascondere le malefatte del vento….E dire che San Francesco lo chiamava”frate vento” e lodava il Signore anche “per nubilo et sereno et omne tempo”…ma lui era un santo e poteva dire questo ed altro, ma la povera acacia cosa pensava del danno subito? Non era di certo pronta ad affrontare le intemperie della vita e si era sentita spezzata in due , con i suoi rami squarciati e i grappoli di fiori distrutti con dispiacere dei passeri e delle tortore che invano svolazzavano intorno ripetendo tu-tu-tu. Nonostante tutto l’acacia non cercò le ragioni del disastro e senza piangersi addosso visse con pazienza tutti i mesi successivi e, dopo l’inverno, cominciò a crearsi nuovi rami e nuove foglie non certo armoniosi come quelli stroncati dal vento, ma capaci di fiorire ancora illuminando di giallo la vita delle persone a lei care, grazie al Creatore che sa fare “nuove tutte le cose”.