Molte siepi di rosmarino sono visibili agli occhi del turista che visita le zone costiere della Sicilia e le piccole isole Egadi, situate di fronte alla città di Trapani. Scomponendo la parola rosmarino, in “ros- marinum”, troviamo il suo significato più profondo, direi poetico, cioé “rugiada di mare”, per il colore blu chiaro dei suoi piccoli fiori che adornano gli arbusti e richiamano il colore del mare isolano.

La nostra pianta, originaria dell’Asia minore e del Sud dell’Europa, appartiene alla famiglia delle Labiate, si configura come un arbusto sempre verde, raggiunge un’altezza che va dai 20 centi-

metri ai due metri e insieme al timo, all’erica erbosa, rende splendida la vegetazione della “macchia mediterranea”. La moltiplicazione è facile, in quanto viene fatta per talea su terreno sabbioso e soleggiato.

Esistono diverse specie di rosmarino, da 4 a 12, come scrivono alcuni studiosi, altri lo definiscono “monotipo”. La questione è ancora controversa, a noi interessa il “Rosmarinus officinalis”, che fiorisce a maggio caratterizzando il paesaggio di molte zone del Sud, dove cresce spontaneo. La nostra pianta non viene adoperata soltanto in cucina, ma la troviamo sempre presente negli “orti medicinali”perché vengono utilizzati i fiori e le foglie in diversi modi, dall’olio essenziale al gel tonificante da usare per la doccia. Il rosmarino, in infuso, è un rimedio efficace per l’emicrania, per i dolori mestruali e secondo gli esperti in fitoterapia serve a depurare il fegato.

Nel Medioevo la nostra pianta era simbolo di fedeltà e di longevità, tanto che le spose erano solite adornarsi di un rametto di rosmarino poggiato sul cuore come segno augurale.

La fioritura, che avviene a marzo e persiste per diversi mesi, mi fa pensare ad una tradizione legata alla festa di San Giuseppe in alcune località dell’Agrigentino, in particolare alla preparazione del pane simbolico, giusto per la giornata del 19 marzo. Le massaie, comprese le mie zie materne, preparavano il pane a forma di bastone, di barba, di corona. Alle persone care e in particolare a noi bambini degli anni ’50, veniva offerto in dono un pane di media misura adorno di tre o più rametti di rosmarino tenuti insieme da un nastro colorato in modo da formare una nicchia, all’interno della quale veniva sistemata un’ immaginetta del Santo. Si ripetevano diverse cantilene, ne ricordo una in particolare: “San Gisippuzzu lu vicchiareddu, cu la varba e lu vastuneddu, lu vastuneddu ci cadì, lu Bammineddu ci lu riì.”

La suggestiva immagine del piccolo Gesù che segue i passi del Santo, rievoca persone e fatti di un tempo passato che rimane sempre inciso con lettere arcane nel profondo del nostro animo.