La pianta del gelsomino molto diffusa in Sicilia e nelle regioni del Nord-Africa è originaria dell’Asia centrale e si coltiva in molte zone temperate come rampicante. Il nome deriva dal persiano yàsamìn, i rami arrivano fino a 10 metri di altezza, con foglie imparipennate e fiori bianchi molto odorosi che compongono una pannocchia terminale. Diverse e interessanti le varietà del gelsomino: spontaneo e dai fiori gialli viene detto jasminum fruticans, grandiflorum dell’India detto anche gelsomino di Spagna, odoratissimum, coltivato per ricavarne l’essenza specie nelle zone della Francia meridionale e in Sicilia. In India e in altre regioni calde esiste il gelsomino detto “sambac” che durante l’inverno porta graziose pannocchie di fiori bianchi molto profumati che poi diventano rossi. Forte e indefinibile il profumo del gelsomino nelle notti calde d’estate quando le cicale diffondono il loro canto non sempre gradevole e una coltre di aria densa e rossastra si addensa sul mare liscio come l’olio e blue scuro per il sopraggiungere della notte. Al mattino “si raccolgono fiori e frutti” suggerivano gli anziani perché sono più freschi e profumati e ad oggi queste regole penso vengano osservate da un buon numero di persone amanti della natura e in specie dei fiori. Le mattine d’estate si mettevano a bagno in un bicchiere d’acqua un bel po’ di fiori di gelsomino e si lasciavano tutta la notte, coprendo il bicchiere con un piccolo tovagliolo di stoffa per ricavare “l’acqua di gelsomino” necessaria alla preparazione del gelo di mellone o meglio della gelatina di anguria, una specialità siciliana molto diffusa a Palermo e dintorni. Il succo dell’anguria filtrato veniva mescolato allo zucchero, all’amido per dolci “Biancaneve” e all’acqua di gelsomino, poi cotto come un normale budino, veniva servito con gocce di cioccolato nero. Una delizia così rara era preparata in estate, tempo delle angurie dalla polpa rossa e saporita, e se nelle dolcerie il “gelo di mellone” sembra eccessivamente dolce, quando viene preparato a casa acquista un sapore e un fascino particolare. Mio padre era solito sentenziare: i dolci migliori sono quelli fatti a casa, lo stesso valeva per il pane, la pasta e altri piatti e concludeva “il migliore ristorante è casa mia”. Il nostro gelsomino mi porta lontano come possono dire i miei lettori, ma la vita familiare in Sicilia è ancora oggi avvolta di sacralità, si avvale di tradizioni e di riti che vengono ripresi e osservati specie se arriva un ospite. Gli antichi Greci consideravano l’ospitalità un dovere oltre che un piacere e l’ospite era sacro; anche ai nostri giorni nelle piccole città e in alcune località della Sicilia meno conosciuta, ospitare amici o parenti che vengono da lontano, si trasforma in un avvenimento particolare che coinvolge tutti i componenti di una famiglia.