In molte zone della nostra Sicilia il carrubo era molto diffuso e significava per noi ragazzi un sicuro dispensatore di frescura e di spazio perché la sua folta chioma e le dimensioni dei rami frondosi creavano vaste zone d’ombra, come piccole oasi nei campi assolati e riarsi di questa isola. Trascorrere una giornata estiva all’ombra di un carrubo era una gioia riservata a quanti potevano recarsi in campagna percorrendo a piedi alcuni kilometri nelle ore più fresche, cioè alle sei del mattino, e portando una colazione composta di uova sode, pane, pomodoro e olive verdi. Così le “scampagnate” degli anni ‘50 venivano organizzate dagli adulti che noi ragazzi seguivamo con entusiasmo perché a Cannamasca, zona bagnata dal fiume Verdura, c’era un grande albero di carrubo ad aspettarci, c’erano i granchi di fiume che venivano catturati e arrostiti alla brace, c’era la frutta raccolta all’albero di prugne o di albicocche.
Il nostro albero amico esiste ancora nelle zone meridionali e insulari, forse proviene dall’Asia minore, cresce spontaneamente anche a 600 metri di altitudine e raggiunge anche i 20 metri di altezza. Gli arabi lo chiamarono “kharrùb”, da qui il termine italiano, a parte quello specifico di “ceratonia siliqua”. I frutti, a forma di baccello, contengono dei piccoli semi, tutti uguali per forma e per peso e in passato venivano usati come unità di misura per l’oro, dato che in arabo seme di carrubo viene detto “qiràt” e in greco “keraàtion” tradotto poi in “carato”. La farina di carruba è usata dalle industrie alimentari come sostituto del cacao, per preparare bevande e condimenti e la gomma viene ampiamente adoperata in fitoterapia, dall’industria farmaceutica e dai laboratori di ricerca.
I poeti a noi più vicini hanno immortalato il carrubo nei loro versi; così Salvatore Quasimodo nella lirica Lamento per il sud: … “le cantilene dei carri lungo le strade/ dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie”… e i versi di Eugenio Montale in Altro effetto di luna: ... “la trama del carrubo che si profila/ nuda contro l’azzurro sonnolento”…. Ogni albero porta con sé un mondo di affetti, di sensazioni, di immagini che noi riusciamo a tradurre in parole, magiche se evocano luoghi e tempi del nostri vissuto … E se il carrubo potesse parlare? Direbbe tante cose che noi mortali ignoriamo.