Nella prima metà del Novecento il fotografo ambulante compariva di tanto in tanto nei vicoli e nei cortili della Sicilia munito di un'ingombrante macchina fotografica con laboratorio incorporato per la stampa delle fotografie.
Davanti all'obiettivo posava, rigorosamente immobile, la vecchina della quale i figli volevano conservare l'immagine, la ragazza che mandando a parenti lontani quella fotografia moltiplicava le possibilità di trovare un fidanzato, il bambino che alcuni parenti ancora non conoscevano. Tutto questo con una spesa che ogni borsellino poteva ben sopportare.
Il fotografo ambulante poggiava a terra la sua grossa macchina che si reggeva su tre gambe e, creando una certa scenografia con qualche pianta rimediata nei paraggi, metteva in posa le persone da ritrarre, poi si nascondeva sotto un largo telo nero, che costituiva la camera oscura, e infine faceva il lampo.
Per i bambini il fotografo al momento dello scatto azionava un uccellino finto che teneva in mano. L'uccellino cinguettava e sul volto del bambino immancabilmente spuntava il sorriso.
Quando ancora gli studi fotografici erano privilegio delle grandi città ed avevano prezzi proibitivi per la gente comune, il fotografo ambulante risolveva egregiamente e gioiosamente il problema della riproduzione dell'immagine.