Regnava dal 1621 Filippo IV di Spagna. Egli, in quarant’anni di regno, agitato da continue guerre con la Francia, non fece che smungere la povera Sicilia. Il Parlamento si adunava per chiedere pressanti e grossissimi donativi.
Siracusa era scemata di popolo. Nel censimento del 1653 furono contati 13.557 abitanti. Molte delle più nobili famiglie si erano trasferite a Palermo specialmente, o si erano spente. La massa più numerosa era costituita da poveri. Molti vivevano lavorando nelle fortificazioni: ma quando i lavori a causa delle pubbliche calamità si interrompevano, allora questi poveri si aggiravano mendicando per le vie della città o stavano a patire intorno alle chiese e ai conventi, alle case dei nobili, al palazzo di città al Vescovado.
Ai primi di maggio la costernazione e lo squallore erano al colmo. Il popolo, come suole avvenire, cominciò a rumoreggiare. Il Vescovo, Mons. Francesco Elia, però seppe attutire quel moto col cambiare la disperazione popolare in una ferma fiducia negli aiuti del cielo.
Chiamò il popolo alla preghiera, fece esporre sull’altare maggiore della Cattedrale l’argenteo simulacro di S. Lucia ed indisse otto giorni di suppliche.
Spuntava il giorno 13 maggio: un’arcana speranza si insinuava nei cuori. Ed ecco che, mentre la Cattedrale era gremita per la Messa solenne, una colomba, quasi a lieto presagio, fu vista aleggiare nel Tempio tre o quattro volte finchè si posò sul soglio del Vescovo tra l’ammirazione generale. Quasi all’istante si sparse la notizia che nel porto avevano cercato riparo dei bastimenti carichi di grano e di legumi. La folla si agitò, si commosse ed accertato l’evento gridò al miracolo. Per ricordare quest’episodio sia la prima domenica di maggio che il 13 dicembre a Siracusa si suole mangiare la cuccìa. (in alcuni paesi del siracusano, ad esempio Canicattini Bagni e Palazzolo Acreide, questo cibo si suole preparare il 17 gennaio festa di S. Antonio abate).

Il giorno prima si mette il frumento a bagno in modo che si ammolli e si apra.
Il giorno dopo si sostituisce l’acqua, si aggiunge del sale e si lascia cuocere lentamente. La cuccìa appena scodellata, ancora calda si condisce con latte, o con ricotta, o con miele, o con vino cotto, o semplicemente con lo zucchero.

Si suole offrire una scodella di cuccìa ai vicini di casa e ai parenti; se ne sparge nelle stalle, sui davanzali e sui tetti perché tutti gli animali se ne possono cibare. E’ fin troppo evidente il carattere propiziatorio di questo uso che tende oramai a scomparire.

Cuccìa (versione pp’allicarisi ’u piattu)

Mettete in ammollo, la sera precedente, il grano o possibilmente il 'Farro'; l’indomani, dopo averlo ben immerso in acqua corrente del rubinetto, asciugatelo con uno strofinaccio.
Frattanto, messo sul fuoco un tegame con dentro dell’olio d’oliva, rosolate una cipolla tritata finemente e appena notate che comincia a dorare versate il grano o il farro, rigirandolo con la spatola di legno, cui farete seguire subito dopo il brodo che avete ricavato dalla cottura di pesci vari, quali opi, cipudazzi, scorfani, pisci cavaleri e jriuli nonché una aragostina possibile ovata. Si badi bene, solo il brodo e non il pesce, dovrà essere versato nel tegame dove sta rosolando il grano.
Brodo che, oltre a venire filtrato, dovrà poi essere fatto cuocere col grano fino a quando non sarà per tre quarti "asciugato". Quindi togliete il tegame dal fuoco. Passate poi a spinare i vari pesci che passerete nel "passatutto", mentre solo per l’aragosta, dopo aver tolto le uova rosse, la sua carne la triterete a pezzi un po’ grossi. Quindi prendete il pesce, i granelli delle uova dell’aragosta e la stessa aragosta tritata che amalgherete con il grano dopo avervi aggiunto anche un ciuffo triturato di prezzemolo fresco. A questo punto prendete e spalmate di burro una pirofila, versate il contenuto della casseruola, pressate il tutto dopo aver cosparso dei fiocchetti di burro e, infine, mettete nel forno.
A mezza cottura, quando comincia a dorare, spruzzate sopra la cuccìa del buon vino bianco secco siciliano.
A cottura ultimata, uscitela dal forno e servitela dalla stessa pirofila.

Un consiglio: quando la mangiate, bevete sopra del vino bianco uguale a quello che è servito per la cottura oppure dello spumante secco.

Leggi la ricetta completa nella nostra sezione dedicata alla cucina tradizionale siciliana.