Giufà (il cui nome probabilmente è di origine araba) rappresenta in Sicilia lo scemo del villaggio con lampi di genialità che gli fanno trovare la battuta giusta o la via d'uscita quando si trova nei guai. Babbu malignu, come si dice in dialetto, o semplicemente un diverso, antipatico perché scomodo? La tradizione popolare lo colloca nell'età dei Vicerè, sotto la dominazione araba o in altre epoche, in effetti una persona come lui ha le caratteristiche dell'universalità.
Vari i racconti di cui è protagonista insieme alla madre perennemente disperata e in ansia per lui. In uno, ad esempio, Giufà, trascurato da tutti perché sciatto e mal vestito, viene invitato ad un convito dopo che la madre l'ha persuaso ad indossare abiti eleganti. E lui allora mette in tasca o si butta addosso le pietanze dicendo: "Vestitucci miei, mangiate perché voi hanno invitato!".
In un altro racconto la madre, per farlo lavorare, gli procura delle stoffe da vendere per strada e gli raccomanda: "Non ti fidare di quelli che parlano troppo, sono degli imbroglioni!" E lui allora lascia tutta la merce davanti ad una statua di marmo perché non gli ha detto nemmeno una parola.
In un altro ancora, andando a caccia, cerca uccelli con la testa rossa perché alcuni burloni gli hanno detto che sono i migliori. Vede muoversi dietro un cespuglio qualcosa di rosso e spara. Ma uccide un cardinale. Rimproverato dalla madre, lo butta nel pozzo e per la collera gli scaraventa sopra un montone. Le guardie che cercano il cardinale sono sicure che sia nel pozzo, dal quale esce gran puzza. Vi fanno scendere Giufà e gli buttano una corda, ma questi lega il montone, che viene tirato fuori al posto del cardinale. E così Giufà si salva. Perché è furbo o perché è sciocco?
Come è possibile vedere da questi esempi, la linea rossa che separa lo scemo dal saggio non è molto nitida e il personaggio si presta a tutte le situazioni e a tutte le interpretazioni.