Dal IX all'XI secolo la Sicilia fu assoggettata agli Arabi. Era inevitabile che in un tempo così lungo la lingua dei Siciliani si arricchisse di espressioni usate dai dominatori nei campi più disparati, dal lavoro ai rapporti sociali, dalla toponomastica ai nomi delle persone.
Vengono dall'arabo, per fare qualche esempio, le seguenti parole: gebbia (gebbe), che indica una grande vasca per la raccolta dell'acqua nelle campagne e nei giardini; giarra (girrah), la giara; sciarra (sciarrah), la legge oppure la lite, che appunto induce a ricorrere al giudice; funnacu (funduq), un magazzino per attività commerciali.
Diffusi sono i nomi di origine araba per indicare delle località. Molti toponimi iniziano con cala, dall'arabo qal'at (castello, fortezza): Calascibetta, Calatafimi, Caltagirone. Altri cominciano con gebel (monte): Gibilmanna, Gibilrossa, Gibellina.
Vi sono vari cognomi di origine araba: Badalà e Vadalà. colui che appartiene ad Allah, Fragalà (consolazione di Allah), Zappalà (forte per volere di Allah), Morabito (colui che non beve vino).
Anche la profumatisima zàgara, che nell'immaginario collettivo assurge quasi a simbolo della stessa Sicilia, ha un nome di origine araba.