Possono essere un vizio pernicioso, ma sono spesso un passatempo divertente, per chi è in compagnia e ancor di più per chi è solo. Con esse, infatti, si gioca a scopa, a briscola, a zecchinetta e si possono fare numerosissimi solitari. Stiamo parlando, come ognuno avrà già capito, delle carte da gioco. Fra le tante ci sono anche quelle siciliane, diffuse nella nostra regione o fra i siciliani all'estero.
Esse hanno compagne le carte napoletane, piacentine, bergamasche, bolognesi, romagnole, triestine e trevisane. Anche le nostre, come quelle, sono costituite da quattro gruppi di dieci carte; le ultime tre presentano figure tradizionalmente chiamate donna (otto), cavallo (nove) e re (dieci).
A ben guardare, ci si accorge che la donna è in realtà un personaggio maschile il quale, essendo giovanissimo, ha grazia muliebre. In alcune carte di altre regioni ciò risulta più chiaro. Addirittura talvolta porta la barba e in quelle triestine è espressamente chiamato fante. Nel caso delle carte siciliane i capelli lunghi, i berretti, gli indumenti e gli stivaletti fanno pensare, piuttosto, a quattro paggi.
I quattro gruppi di carte sono contraddistinti da diversi semi: coppe, spade, denari e mazze. I semi rappresentano molto probabilmente le quattro classi sociali: le coppe gli ecclesiastici, le spade la nobiltà, i denari la borghesia e le mazze il popolo.
Le figure nel tempo sono cambiate, ma quelle che oggi vediamo risultano immutate da almeno centocinquant'anni.