Negli anni Quaranta, subito dopo la guerra, comparve nella città di Mazara un misterioso personaggio, che non aveva fissa dimora e si nutriva di quello che trovava per le strade. I mazaresi non persero tempo a chiamarlo Uomo-cane, dal momento che viveva proprio come i cani randagi.

Tutto quello che possedeva se lo portava addosso, praticamente gli stracci di cui si copriva e sacchi stracolmi di altri stracci. Girava in continuazione per le strade, silenzioso e riservato, e dormiva nella piazza principale, sotto il porticato del Seminario d'inverno e sui gradini della statua di San Vito d'estate.

Non chiedeva niente a nessuno, rifiutava decisamente ciò che gli veniva offerto, viveva dunque per se stesso, senza avere contatti con le altre persone. Non infastidiva nessuno e nessuno, per la verità, infastidiva lui.

La gente diceva che si chiamava Tommaso, ch'era nato a Tunisi, che aveva la moglie e una figlia, ch'era un soldato ed era diventato pazzo durante la guerra, che aveva fatto un voto di povertà, e tantissime altre cose, le quali avvolgevano quello strano personaggio in un alone di leggenda.

Col tempo i mazaresi si abituarono alla sua presenza silenziosa e finirono per considerarlo parte della loro città, per cui avrebbero fatto fatica ad immaginare Mazara senza l'Uomo-cane.

Tuttavia una mattina dell'estate 1973 i primi che passarono per la piazza principale lo videro morto sui gradini della statua. La notizia fece, rapidissima, il giro della città. Ai funerali partecipò una folla immensa. Qualcuno addirittura prese la parola per commemorarlo dicendo che quell'uomo era vissuto per trent'anni con riservatezza e discrezione nella città che l'ospitava. Era stato il suo unico, ma grande merito.

Erano trascorsi una quindicina d'anni da quell'evento quando un mazarese, leggendo il libro di Sciascia sulla scomparsa del fisico Ettore Majorana, ebbe un dubbio: non poteva essere stato Majorana quel misterioso individuo, di cui in fin dei conti si era saputo ben poco? Presto il dubbio diventò certezza e quella tesi, ardita, ma suggestiva, fece rumore, se ne discusse in tutti gli ambienti con sostenitori e oppositori, ne parlarono i mass-media, perfino fu interessata ad essa la Magistratura, che, comunque, la trovò priva di fondamento.

Tommaso é rimasto nell'immaginario collettivo di Mazara. A distanza di molti anni ancora qualche mamma, per sgridare il figlio che porta in bocca ciò che ha raccatttato per terra, usa queste parole: E chi sì, l'Omu-cani? E per indicare che qualcuno si trascura nella persona si suole dire: Pari chi é addivintatu peggiu di l'Omu-cani!

A trent'anni dalla sua morte chi l'ha conosciuto continua a parlarne a chi a quel tempo non era ancor nato. E, appartenendo alla memoria di quella città, l'Uomo cane appartiene anche alla sua storia, proprio lui ch'era così schivo e avulso dalla società mazarese.