Fra i mostri, di cui la mitologia greca é ricca, vi sono anche i Ciclopi, esseri di aspetto umano, di forza smisurata e dotati di un occhio solo, nel centro della fronte. I più conosciuti sono quelli descritti nell'Odissea da Omero, che li colloca in Sicilia presentandoli come pastori abilissimi, ma crudeli e addirittura antropofagi.
Il poeta racconta che Ulisse, navigando verso la sua patria, arrivò nell'isola dei Ciclopi, cioé in Sicilia. L'eroe greco si trovava insieme ai suoi compagni dentro una spelonca allorché giunse con il suo gregge un essere spaventoso, il ciclope Polifemo, che, sbarrata l'apertura con un macigno, cominciò a divorare i forestieri. Ulisse, celebre per la sua astuzia, lo invitò a bere un forte vino che aveva con sè. A Polifemo piacque e ne chiese ancora, finché non si addormentò, ubriaco. Ne approfittarono i greci per conficcargli nell'occhio la punta infuocata di un palo, mentre il mostro levava alte le sue grida.
Cieco e desideroso di vendetta, Polifemo rimosse il macigno che chiudeva l'antro restando davanti all'apertura e toccando una per una le pecore che uscivano, con la speranza di prendere Ulisse e i suoi compagni mentre tentavano di fuggire. Ma quelli si erano aggrappati saldamente alle pance degli animali e così riuscirono a salvarsi. Raggiunta la nave, si affrettarono a salpare mentre Polifemo, che aveva capito l'inganno, scagliava contro di loro un enorme masso senza riuscire a colpirli.
Il poeta latino Virgilio nell'Eneide, riprendendo il racconto di Omero, dice che Enea, fuggito da Troia in fiamme, si trovò a navigare lungo le coste della Sicilia orientale. Là vide in lontananza il ciclope Polifemo, con la zampogna al collo, sopra un monte, simile ad un monte egli stesso. Si prendeva cura delle sue pecore, poi, sceso verso il mare, vi s'immerse fino alle anche per lavarsi la piaga causata da Ulisse. Quando avvertì la presenza delle navi troiane, il ciclope lanciò un urlo terrificante che fece accorrere i suoi compagni. Enea nel frattempo si era allontanato alla svelta.
Prima di Virgilio aveva parlato di Polifemo anche il poeta siracusano Teocrito in uno dei suoi Idilli, ed é questo l'unico caso in cui quel mostro non é visto come un essere malvagio, ma rivela un animo ricco di umanità e di tenerezza. In quel componimento Polifemo appare innamorato della ninfa Galatea, che non ricambia il suo amore. Il gigante le dedica anche un canto in cui esalta la sua bellezza, ma aggiunge che si rassegnerà cercando l'amore di un'altra donna.
Ogni mito ha una base di verità e lo stesso si può dire per quello dei Ciclopi. Nella lontana preistoria vivevano in Sicilia gli elefanti nani, che un giorno si estinsero. E' molto probabile che gli antichi, avendo rinvenuto i loro teschi, enormi e con un foro per la proboscide, abbiano pensato all'esistenza di giganti con un occhio solo. Poi di questa fantasia s'impossessarono i poeti e vi ricamarono sopra tutte le cose che abbiamo detto.