Gli spaghetti, uno dei piatti più celebri del mondo, il cui nome si associa immediatamente a quello dell'Italia, sono di origine siciliana.
Ce ne parla per la prima volta il geografo arabo Edrisi, vissuto nel XII secolo. Egli, durante uno dei suoi viaggi, si trovò a visitare a poca distanza da Palermo una località chiamata Trabia. Là c'erano molte case e mulini e le persone solevano realizzare, con farina impastata, dei fili che poi facevano essiccare. Questi fili, chiamati tria (in arabo significa appunto filo), venivano esportati in grande quantità con le navi verso i paesi musulmani e cristiani, come dice l'antico geografo, cioé in tutto il Mediterraneo.
Anche nei tempi più antichi la farina veniva impastata, ma per ottenere sfoglie e lasagne, non per la pasta dura, che ancora non si conosceva.
Nel secolo XV venne pubblicato un libro del famoso cuoco Martino Como, al servizio del patriarca di Aquileia, con il seguente titolo: De arte coquinaria per vermicelli e maccaroni siciliani (L'arte di cucinare i vermicelli e i maccheroni siciliani). Ciò dimostra che nel passato l'origine siciliana della pasta veniva espressamente indicata nel suo stesso nome.
Dopo la scoperta dell'America, fra i tanti prodotti giunti dal Nuovo Mondo ci fu anche il pomodoro, che in Europa non esisteva. Allora gli spaghetti si sposarono con la salsa e fu un matrimonio felice, infatti stanno ancora bene insieme.
All'inizio, non essendoci le forchette, gli spaghetti venivano consumati con le mani e quindi erano considerati un alimento riservato agli strati più umili della popolazione. Ma nel XVIII secolo un ciambellano della corte di Napoli ebbe la felice idea di utilizzare a tavola un bastoncino con quattro punte, cioé l'attrezzo oggi chiamato forchetta; da quel momento si poté mangiare più comodamente la pasta, che finalmente ebbe titolo per entrare in tutte le case, anche in quelle dei nobili.